L’incubo di Hill House

Autore: Shirley Jackson

Casa editrice: Adelphi Edizioni

Genere: Gotico

Numero pagine: 223

Trama

Eleanor Vance, una giovane e infelice donna cresciuta in un contesto familiare opprimente, si avventura verso l’ignoto sognando la libertà, costi quel che costi. Ed è così che accetta la proposta del professor Montague, antropologo alla ricerca di fama e gratificazione per le sue ricerche scientifiche nell’ambito del paranormale. Il professore cerca candidati per un esperimento, un soggiorno di tre settimane in una delle case più infestate d’America, Hill House. Ad accettare sono Eleanor, la bella e carismatica Theodora e l’ereditiero delinquente Luke.
Ed è così che Eleanor si mette in viaggio, incantata dal mondo come una bambina, sognando ad occhi aperti una nuova vita, una vita finalmente SUA. Ma tutta la gioia e spensieratezza si infrangono di colpo quando giunge ai cancelli dell’abominevole Hill House.

L’occhio umano non può isolare l’infelice combinazione di linee e spazi che evoca il male sulla facciata di una casa, e tuttavia per qualche ragione un accostamento folle, un angolo sghembo, un convergere accidentale di tetto e cielo, facevano di Hill House un luogo di disperazione, tanto più spaventoso perché la facciata sembrava sveglia, con le finestre vuote e vigili a un tempo e un tocco di esultanza bel sopracciglio di un cornicione. [Quasi ogni casa, colta di sorpresa o da un’angolazione bizzarra, può volgere uno sguardo profondamente burlesco su chi la osservi; persino un comignolo dispettoso, o un abbaino che sembra una fossetta possono suscitare nell’osservatore un senso di intimità; ma una casa arrogante e carica d’odio, sempre in guardia, non può che essere malvagia.] Quella casa, che sembrava quasi aver preso forma da sola, assemblandosi in quel suo possente schema indipendentemente dai muratori, incastrandosi nella struttura di linee e angoli, drizzava la testa imponente contro il cielo senza concessioni all’umanità. Era una casa disumana, non certo concepita per essere abitata, un luogo non adatto agli uomini, né all’amore, né alla speranza.

HILL HOUSE

Recensione

L’incubo di Hill House è considerato uno dei racconti di fantasmi più celebri del xx secolo ed è un piccolo capolavoro che unisce gotico e horror alle storie di fantasmi ottocentesche, ambientato in una dimora abbandonata a se stessa e alle sue fantomatiche presenze.
Il romanzo comincia, quasi con banalità, con il classico setting di una classica storia di fantasmi: una casa che, si vocifera, sia infestata, un professore che spera di ricavare con metodo scientifico tracce di attività paranormali e tre “cavie” che spontaneamente decidono di partecipare all’esperimento, ognuna con diverse motivazioni.
La Jackson, con indiscussa maestria, riesce a instillare la paura non con veri fantasmi o mostri di sorta, ma attraverso le sfumature più nere dell’animo umano, gli spettri della mente.

La sua abilità sta difatti nel giocare con la psicologia e l’introspezione dei personaggi, specialmente Eleanor, facendoci percepire il pericolo e l’orrore e allo stesso tempo non mostrandolo mai esplicitamente a noi lettori e nemmeno ai protagonisti.

All’interno della narrazione sembra esserci poca azione, pochi movimenti, ma lo stile dell’autrice ci conduce attraverso un’ansia e una paura crescenti che ci spingono a voler capire come finirà la storia e cosa sta accadendo, seguendo una linea di ambiguità che fa mantenere il dubbio costante: è tutto vero o sono solo suggestioni? Lasciando il romanzo aperto a diverse interpretazioni.
L’autrice non ha avuto vita facile, dal pessimo rapporto con la madre che la criticava per il suo aspetto fisico, all’infelicità del matrimonio con Stanley Hayman, professore ebreo maschilista e traditore, al suo sentirsi intrappolata nel ruolo di moglie e donna esclusa dalla comunità in cui viveva. Tutto questo traspare in molte delle sue opere ma, a mio avviso, traspare più che mai nel personaggio di Eleanor, la quale fugge da una triste e opprimente vita passata a prendersi cura di una madre che non l’ha mai amata e trattata con gentilezza e di una sorella che, in poche righe iniziali, percepiamo come egoista e con manie di controllo.
La repressione, il soffocamento, l’infelicità spingono Eleanor verso Hill House, dove non troverà mai la felicità e la libertà in cui tanto sperava, quasi a dimostrazione che non saremo mai totalmente liberi dai nostri traumi e dai nostri “fantasmi”.
L’intera opera verte attorno a questa tematica, tanto che i personaggi, appena abbozzati, sembrano essere solo un pretesto. Il dolore, l’inquietudine e la tristezza fanno da padrone, incorniciati da momenti di terrore puro quanto sottile.

Il lettore, in cerca di risposte, è trascinato dagli eventi e dalle forti sensazioni che il libro trasmette, tanto che sembra anche a lui di essere nella storia, di viverla più che leggerla semplicemente.

Infine come non parlare della vera protagonista, Hill House, non un semplice edificio infestato ma una vera e propria presenza vivente con un suo carattere, una sua forza oscura e un suo ruolo ben determinato, quello di intrappolare i suoi abitanti e condurli alla follia. La casa è descritta in maniera dettagliata, dalle sue stanze per nulla accoglienti e illogiche al senso di ribrezzo che provocano. L’incipit ci fa capire subito che Hill House ha regole sue, un passato terribile e una sua volontà, tanto che persino i suoi inquietanti custodi, i coniugi Dudley, scappano ogni notte per tornare esclusivamente con la luce del giorno. L’autrice ha impeccabilmente descritto la casa infestata più famosa di sempre, immortalandola nelle paure e nell’immaginario collettivo come un vero e proprio mostro grazie al suo modo di raccontarcela.

«Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà; perfino le allodole e le cavallette sognano, a detta di alcuni. Hill House, che sana non era, si ergeva sola contro le sue colline, chiusa intorno al buio; si ergeva così da ottant’anni e avrebbe potuto continuare per altri ottanta. Dentro, i muri salivano dritti, i mattoni si univano con precisione, i pavimenti erano solidi, e le porte diligentemente chiuse; il silenzio si stendeva uniforme contro il legno e la pietra di Hill House, e qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva sola.»

Consigliato per chi come me ama quei racconti di terrore psicologico che portano ad immedesimarsi con empatia e inquietudine ai sentimenti dei personaggi. Per 223 pagine sarete anche voi intrappolati in Hill House ma tranquilli, saprete uscirne.

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